Lo yoga come strumento di trasformazione del nostro cervello

Il cervello umano contiene due emisferi che cooperano a generare una percezione unitaria del mondo ma che elaborano differenti tipi di informazioni.
Sebbene il mondo scientifico sostenga che sia corretto considerare la relazione tra i due emisferi come quello tra due metà complementari di un intero anziché tra due identità singole è piuttosto chiaro che le percezioni che giungono dall’uno sono assolutamente differenti da quelle dell’altro.
L’emisfero destro, per esempio, è assolutamente incapace di concepire un tempo che sia differente da quello presente e ci fa percepire ogni istante come momento pieno di sensazioni legato al momento presente; il qui e ora.
L’emisfero sinistro, invece, elabora le informazioni acquisendo quei ricchi momenti creati dal cervello destro mettendoli temporalmente in sequenza, analizzandoli , confrontandoli e ordinandoli in modo sistematico: creando un passato, un presente e un futuro.
Anche la visione globale delle cose è vissuta diversamente. Se l’emisfero destro pensa per immagini e vive il momento presente nella sua totalità, la mente sinistra fa il contrario: si sofferma sui dettagli e cataloga, spezzando la visione globale del presente in piccoli frammenti , come fossero dati da gestire e comparare.
Uno dei compiti del cervello sinistro è quello di utilizzare il linguaggio, oltre che per definire le cose anche per definire il nostro io dicendo: “io sono”. L’ego è posizionato qui e anche l’attitudine al giudizio e all’individualità che ne consegue è opera sua.
I due emisferi collaborano costantemente affinchè le nostre azioni siano sane e complete, per esempio la mente sinistra gestisce la struttura e la semantica di una frase, oltre al significato delle parole, quella destra completa l’opera dei centri linguistici interpretando la comunicazione non verbale: esamina i dettagli più sottili, come il tono di voce, l’espressione del volto e il linguaggio corporeo.
Dovendo ancora semplificare e descrivere i due emisferi si potrebbe sostenere che la mente sinistra è quella razionale, scientifica, analitica che giudica e ci rende affidabili agli occhi degli altri – quella destra è il nostro contatto con il non visibile, la linea di congiunzione con qualcosa che è fuori da noi ma che nel contempo siamo noi.
Un recente libro racconta l’interessante vicenda di una neuroanatomista tra le più note negli Stati Uniti che all’età di trentasette anni, viene colpita da un ictus celebrale che le devasta parte dell’emisfero sinistro.
“Nelle quattro ore successive alla crisi – racconta la protagonista – con gli occhi curiosi della scienziata, assistetti al crollo completo della capacità della mia mente di elaborare informazioni. Alla fine di quella mattina non riuscivo più a camminare, parlare, leggere, scrivere o ricordare eventi della mia vita”.
Assistiamo qui alla testimonianza di un’esperienza intensa: l’ictus compromettendo fortemente il preponderante e razionale emisfero sinistro, dà lo spazio alla creatività, alle sensazioni , emozioni e intuizioni proprie dell’emisfero destro.
L’evento traumatico diviene insegnamento: porta la protagonista ad uno stato di “illuminazione” nel quale diviene consapevole di come si possa imparare a gestire al meglio le potenzialità della nostra mente, troppo spesso concentrata a lavorare a su rigidi schemi di condizionamenti.
“Le due personalità emisferiche non si limitano a pensare alle cose in modo diverso, ma elaborano le emozioni e muovono il corpo in modi facilmente distinguibili.” “La mente destra non bada ad altro che a quanto è ricco ogni momento che viviamo. E’ colma di gratitudine, va in giro pieno di entusiasmo e non ha preoccupazioni. Sorride al mondo ed è estremamente cordiale. L’emisfero sinistro, al contrario, si preoccupa di ogni minuzia e guida la vita seguendo una rigida tabella di marcia. E’ il lato più serio. E’ sempre lui a farci aggrottare la fronte”. “Per il carattere della mente destra non c’è giusto o sbagliato, buono o cattivo: tutto si colloca in un continuum di relatività. Essa prende le cose come vengono, accoglie di buon grado ciò che il presente le porta”.
La frase meravigliosa che dice “la pace dovrebbe essere il posto da cui partire, non quello in cui cercare di arrivare” dovrebbe diventare lo slogan dell’uomo moderno affinchè le sue azioni possano partire dalla coscienza beata della mente destra e usare le capacità di quella sinistra per interagire con il mondo esterno.
In quanto esseri consapevoli abbiamo la capacità di decidere come reagire agli stimoli che ci arrivano. Nel testo sopra citato, la protagonista sostiene che “alcuni programmi del sistema limbico (emotivi) possono attivarsi automaticamente, ma occorrono comunque novanta secondi scarsi perché si avviino, si facciano strada nel corpo e siano infine espulsi dal flusso sanguigno. L’ira, per esempio, è una reazione programmata che può scattare da sola. Una volta innescata, lo sostanze chimiche rilasciate dal cervello si diffondono nel corpo. Nel giro di novanta secondi, tuttavia, la componente chimica dell’ira che circola nelle vene si dissolve e la reazione automatica ha termine. Se dopo quei novanta secondi si è ancora in collera è perché si è deciso di mantenere attivo quel circuito. Momento per momento si può scegliere se affidarsi ai propri neuro circuiti o tornare al presente, attivando l’emisfero destro, e lasciare che la reazione svanisca come un effimero effetto fisiologico”. “Quello che c’è di più entusiasmante nel riconoscere le proprie due personalità, quella di destra e quella di sinistra, è che si ha sempre un punto di vista alternativo. Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? Se uno mi si rivolge pieno d’ira e di frustrazione, posso decidere di rispecchiare la sua ira e dare via a un litigio (emisfero sinistro) o essere comprensiva e reagire con compassione (emisfero destro).”
… conseguenza della scelta: serenità dell’animo. Essere appagati e contenti dà sensazioni corporee straordinarie per cui dovremmo sempre scegliere di attivare il circuito che le genera, accantonando i desideri di ripicca o odio che spesso invece ci fanno sentire così forti ma che sono solamente impulsi illusori di un ego superbo.
E’ molto interessante prendere atto di un altro processo che avviene in una parte dell’emisfero sinistro: in quell’area ci sono cellule che definiscono i confini corporei e nella stessa parte di quello destro esistono cellule che orientano il corpo nello spazio (area dell’associazione e dell’orientamento – orientation association area: AOO).
Due studiosi di livello mondiale, Andrew Newberg e Eugene d’Aquili decisero qualche anno fà di fare un esperimento utilizzando dei praticanti (buddhisti che recitavano mantra o meditavano e suore che pregavano).
I praticanti erano in una stanza con una cordicella d’aquilone legata alle dita ed una flebo fissata nel braccio. Essi avrebbero iniziato a meditare o a pregare. Dopo circa un’ora, nel momento in cui si verificava il picco di trascendenza, i soggetti strattonavano la cordicella. Dall’altro capo del filo il dottor Newberg somministrava allora del liquido radioattivo nella flebo. Qualche momento più tardi, con il liquido radioattivo nel cervello veniva fotografato il cervello dei praticanti. Buddista dopo buddista, suora dopo suora si ebbero risultati assolutamente coerenti. L’area del cervello definita AOO si riduceva gradatamente.
Quella zona celebrale che definiva i limiti del corpo di un individuo diventava così piccola da far scomparire la sensazione di individualità e conduceva alla percezione dell’unione con il “Tutto”. Sentirsi tutt’uno con il cosmo e collegati ad ogni altro essere vivente: ecco la spiegazione scientifica ad un sensazione estatica che tutti quanti vorremmo raggiungere; ed ecco la via per raggiungerla.
Tutto questo ci porta a fare una riflessione su quanto la pratica yogica, qui intesa come il cammino che parte da un comportamento “retto” e giunge alla meditazione, possa essere importante per modellare lo stato mentale troppo spesso in lotta con il mondo esterno e a volte anche con sé stessi. Durante l’esecuzione di asana o di pratiche più elevate stimoliamo fortemente il lato desto del nostro cervello recuperando una modalità di benessere; perché solo laddove non esiste separazione c’è pace.
Le parole di Sigmund Freud sono esemplificative: “ La radice di ogni sofferenza è la separazione. Se percepiamo il nostro corpo separato dal mondo intorno a noi, il corpo limitato alla superficie della pelle e il mondo fuori come non noi, questa separazione crea grande sofferenza. Tutto il nostro senso di chi siamo e che cosa siamo è basato sulle nostre sensazioni corporee e sull’immagine del corpo.”
Pensiamo a quando manteniamo un’asana in modo stabile e confortevole: il corpo diviene leggero e la sensazione di limite svanisce lentamente sino a farci percepire un piacevole senso di benessere ed espansione.
Dovremmo dunque divenire coscienti “d’essere il cambiamento che vorremmo vedere nel mondo” (Gandhi) e lavorare affinchè questo cambiamento possa essere un cammino costante: lo yoga diventa “un passo a destra” per trasformare noi e il nostro mondo in un luogo di pace e amore.