Atteggiamenti fisici come riflesso di attitudini mentali

Il corpo è la prima fonte di comunicazione di cui l’individuo abbia esperienza ed è impensabile credere che quando impariamo a parlare la forma di comunicazione corporea sparisca del tutto: crescendo ci dimentichiamo a poco a poco la ricchezza delle sensazioni fisiche derivanti dalla componente emotiva, ma in realtà il nostro corpo continua a comunicare con gli altri. Il corpo rimane un mezzo di congiunzione tra il nostro essere e l’ambiente: attraverso il corpo l’individuo entra in relazione con l’altro ed esprime le sue emozioni; dal latino e-movere (muovere fuori) esprimere un sentimento, un’emozione, è compiere un atto, un movimento. Spesso il corpo, attraverso movenze e posture, comunica in maniera molto più sottile rispetto a quello che raccontano le parole: la gestualità, l’espressione facciale, il tono della voce sono codici diretti e quasi mai bugiardi. Accade spesso però che per adeguarsi a convenzioni sociali si censurino certi comportamenti, rinunciando all’espressione di alcuni sentimenti e con essi anche ai rispettivi movimenti. Questi “atti bloccati” si traducono in una struttura corporea rigida e in abitudini posturali scorrette, a lungo termine nocive per il benessere di ossa, muscoli e sistema nervoso. Gli aspetti rinnegati del sé, conservati nel corpo fisico per il legame tra emozioni e corpo, tornano a manifestarsi in tensioni, formazione di difese e struttura del carattere. Il modo corporeo di ogni individuo è sempre contemporaneamente modo psichico. Se la cultura occidentale non ha quasi mai preso in considerazione la relazione tra mente e corpo – come se il vissuto corporeo non avesse a che vedere con il vissuto mentale – le tradizioni orientali hanno frequentemente sostenuto che corpo e mente fossero strettamente interconnesse come due espressioni diverse dello stesso organismo. Nelle medicine orientali lo studio della mente, l’interesse per i suoi processi, ha spesso condotto al corpo fisico. L’antica saggezza orientale ci ricorda che nulla può liberare l’individuo dalla sofferenza se non l’individuo stesso attraverso la consapevolezza del proprio essere e del proprio corpo in quanto risonanza di disagi. Quando il corpo si presenta contratto, oppure legato a particolari posture o ad esperienze traumatiche, molto probabilmente siamo di fronte all’espressione di una resistenza psichica: integrare il lavoro corporeo con la consapevolezza interiore è l’unica via per rendere l’individuo libero dalla “gabbia fisica” che lo blocca e lo limita. Lo psicanalista Wilhelm Reich, allievo di Freud, per primo constatò che tutte le nevrosi trovano espressione nel corpo. Individuò sette livelli fisici, come degli anelli o metameri, ognuno dei quali avrebbe un suo linguaggio ed una sua funzionalità nello sviluppo dell’individuo. Per mezzo di questi livelli, ognuno dei quali integra l’aspetto muscolare, emozionale ed energetico, si può leggere sul corpo la storia dell’individuo ed anche dove la sua energia vitale è maggiormente paralizzata. Il primo è il livello degli occhi. Quando nasce un bambino si dice “è venuto alla luce”. Gli occhi esprimono dunque il primo approccio con la realtà. Il livello di coscienza, di profondità, di chiarezza e di lucidità di una persona spesso si può valutare dai suoi occhi. L’occhio può rivelare l’indole, la qualità della relazione con se stessi e con il mondo e anche diverse emozioni e forse la qualità stessa dell’individuo attraverso uno sguardo che può essere assente, impenetrabile, luminoso, profondo, fisso, sognante ….. Il secondo è il livello della bocca, delle labbra,dei denti e della mandibola ed è connesso al rapporto con l’affettività, il bisogno e la dipendenza “dall’altro”. La mandibola che si chiude è un modo per manifestare un blocco emozionale. Insieme con il mento la mandibola può racchiudere tensioni che sono sinonimi di intense cariche di rabbia imprigionata. Una bocca che si apre poco esprime sfiducia, timore di essere invasi e il rifiuto a far entrare chiunque. Il terzo è il livello del collo e della gola che esprime tematiche narcisistiche, l’immagine di sé da mostrare al mondo e il modo di percepire il proprio sè. Andare a testa alta o piegare la testa verso il basso sono due atteggiamenti opposti legati alla postura del collo; il collo perennemente rigido può essere sintomo di paura di perdere il controllo. La gola invece è vista come una saracinesca: qui si bloccano le emozioni che salgono dal cuore. La gola può diventare barriera di separazione tra la testa e il resto del corpo facendo si che le emozioni non arrivino alla mente: nel linguaggio comune si dice “ soffocare le emozioni”. Il quarto è il livello del torace, il cuore e le spalle, zona estremamente coinvolta quando il corpo è rigido. Le scapole serrate possono contenere rabbia repressa, le spalle curve rassegnazione e sottomissione ma anche grandi carichi di pesi da sostenere. In questa zona sono altresì collocati i polmoni e il rapporto con l’energia vitale è molto stretto. Il torace può essere gonfio, incapace di arrendersi nell’espirazione. Può essere scarico, depresso, con poca energia ed incapace di inspirare, di prendere, di riempirsi con una respirazione insufficiente. Nel cuore poi risiedono emozioni profonde spesso compresse o addirittura negate, con la conseguenza di una gabbia toracica chiusa e un respiro corto . Il quinto è il livello del diaframma dal quale dipende la respirazione: limitando il flusso del respiro le emozioni si distorcono e a volte si reprimono. “Il diaframma può spezzare il corpo in due, separando la parte istintuale dal cuore, imprigionando con l’aiuto della gola ogni impulso, ogni sentimento, ogni intensità ed ogni piacere. Il blocco del diaframma impedisce anche di far arrivare energia ai genitali, diminuendo l’energia sessuale. Il diaframma sancisce il rapporto con l’energia vitale e con la nostra vitalità” (Roberto Sassone). Il sesto è il livello della pancia: il mondo delle emozioni viscerali . Attraverso lo stomaco siamo in grado di digerire più o meno bene non solo il cibo ma anche le questioni che ci stanno a cuore. La disperazione, le grosse paure possono collocarsi nella zona dell’addome fino al punto di sentire una voragine. Il settimo è il livello del bacino che comprende gambe, piedi e genitali. L’intensità del piacere dipende molto dalla quantità e dall’intensità di energia libidica che si scarica attraverso i genitali. Il blocco del bacino e delle pelvi limita ed a volte impedisce questa scarica, insieme naturalmente al blocco degli altri livelli. Gli arti inferiori sono strettamente connessi alla stabilità: la capacità di stare con i piedi per terra. Un’andatura spedita, un buon appoggio dei piedi a terra sono letti come sinonimo di radicamento, di fiducia nella vita, di solidità e di equilibrio. In questa visione nella quale il corpo sembra essere lo specchio dell’anima lo yoga può giocare un ruolo importante. In quanto disciplina esperienziale, posture e pranayama permettono di stabilire una connessione con la parte più profonda del sé – la coscienza – e svilupparla unendo il piano fisico, quello mentale, l’intelligenza e la coscienza. Proprio grazie a questa strettissima espansione che parte dalla relazione tra corpo e mente quando assumiamo un’asana entriamo in contatto con la nostra capacità di assumere questa nuova forma del corpo. Osserviamo le zone che restano contratte cercando di comprendere se rappresentino contratture mentali: gli schemi interiori, le paure, le angosce, i pensieri. Spesso nelle asana, seppur inconsapevolmente, si possono ritrovare memorie di traumi, emozioni passate e aspettative del futuro. L’asana offre comunque la possibilità di entrare in comunicazione con questa o quella parte del corpo in tensione, di sciogliere blocchi e superare i limiti. Attraverso pratiche di allungamento e controllo del respiro viene attivato il sistema nervoso parasimpatico che permette al corpo di rilassarsi e di migliorare gradualmente la postura facendo in modo che la cassa toracica si apra evitando la chiusura delle spalle e un atteggiamento involuto. ­La consapevolezza di sé e delle proprie percezioni aiuta a raffinare i movimenti legati alle varie forme di espressione e a renderci interessanti da guardare ed ascoltare. Quando i gesti sono veloci e bruschi la sensazione che avvertiamo è quella di non essere in armonia con tutto ciò che ci circonda; l’osservazione attenta che la pratica yogica ci insegna, ci mette nelle condizioni di rallentare ed eseguire movimenti meno sgraziati, più leggeri e accorti senza per questo perdere il contatto con la realtà. Per questi aspetti ci vengono in aiuto le asana che esprimono forza e vigore e che influiscono positivamente sulla presenza scenica quotidiana e sulla capacità comunicativa. La vasta gamma di eroi della tradizione indiana e che lo yoga ha utilizzato sotto forma di asana sono un ottimo esempio di modalità corporea vincente: allungati, aperti, diritti e flessibili. La gestione del proprio peso, la mobilità vertebrale e la relazione con lo spazio divengono essenziali per stabilire una modalità di equilibrio generale.